
Istrici vegetali
CACTI DEPICTI
Giovanni AloiAreole si chiamano nell’uomo e nella femmina d’uomo le piccole aree pigmentate e delicatamente erogene al cui centro si erge il tenero capezzolo, nei cactus le gemme latenti da cui spuntano lanugini, peli urticanti, spine – deterrenti che riflettono l’indole indipendente e schiva di piante xerofile, cioè amanti dei luoghi aridi – e, di tanto in tanto, fiori splendidi, schiusi di notte e dalla vita brevissima. Viene da chiedersi dove il coreano Lee Kwang-Ho abbia visto le cactacee che ritrae in modo realistico, ognuna con le sue setole, le escrescenze, le mucillaggini, i fiori appassiti rimasti in situ; quasi certamente sullo schermo di un computer, dove si possono sottoporre le fotografie digitali a quella che per le immagini è una figura retorica fondamentale: l’ingrandimento, il blow up. Esperienza riverberata nelle grandi dimensioni delle tele di Lee, dove piante-individuo, forse di servizio su balconi metropolitani, si trasformano in sentinelle monumentali che, con le loro bizzarre livree colorate, vigilano sulla soglia di deserti immaginari.