
Carlo Scarpa: architetture del soffio
PESCANDO NEL FONDO DEI CROGIOLI
Marino BarovierC’era qualcosa di nuovo, di geometrico, di “audace” nella produzione Cappellin: ne era una dimostrazione il vaso sferico con base troncoconica esposto a Parigi, al Salon d’Automne del 1928. Ad accorgersene fu Gio Ponti – ma forse ignorava che quello spostamento d’accento, quel “soffio” diverso era dovuto a un ventenne, Carlo Scarpa, da poco entrato in vetreria. Da allora e sino a quando, quarantenne, decise di dedicarsi esclusivamente all’architettura, Scarpa creò, prima per Cappellin e poi per Venini, una serie strabiliante di capolavori trasparenti o opachi, brillanti o satinati, lisci o rugosi, lattiginosi o variopinti. Utilizzò tutte le tecniche, da quelle antiche della filigrana o del lattimo, ideate dalle maestranze di Murano nel XVI secolo, alle ultime, come i vetri con le puleghe o bollicine.