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Bellas Artes Húngaras

Le arti e gli artifici di Géza Maróti
Giorgio Antei
Fotografie di Massimo Listri
Un ungherese in Messico
Mónika Szente-Varga
Fotografie di Massimo Listri

LE ARTI E GLI ARTIFICI DI GÉZA MARÓTI

Giorgio Antei

Nella notte del 3 agosto 1906 il padiglione ungherese all’Expo di Milano andò a fuoco, e incendio e pronta ricostruzione contribuirono a divulgare il nome dell’artista che l’aveva ideato: Géza Maróti. “Avevo un sogno folle” avrebbe scritto a distanza di anni: “una grande sala cerimoniale illuminata da un lucernario”. Quella forma, già presente nel padiglione milanese, trovò modo di realizzarsi, nelle dimensioni sognate, a Città del Messico, dove Maróti era stato chiamato dall’architetto italiano Adamo Boari impegnato nella costruzione del Teatro Nazionale. Atleta, sciatore di fondo, architetto, scultore, pittore, decoratore, esponente della Secessione magiara, Maróti fu visitato da poche, ostinate fantasie: la sala con lucernario, l’Atlantide, continente armonioso e sommerso cui negli ultimi anni di vita dedicò un vasto manoscritto, e un angelo di sesso sicuramente femminile, Angelus nudus, che molto ha viaggiato prima di prendere in custodia la tomba di chi lo sognò.