
Il Ritratto di Manuel Osorio Manrique de Zuñiga di Goya, esposto al Metropolitan Museum una stanza dopo quella dei Panini, è uno di questi dipinti. È una tela di medie dimensioni (127 x 101,6 cm). Durante le sue visite al Metropolitan Museum il signor PA è così felicemente intento a pensare alle tante cose che affollano la sua mente che a volte i suoi piedi lo portano davanti a questo ritratto senza che se ne renda conto. E ogni volta che lo rivede il signor PA si sente felice di essere vivo.
Il signor PA non ricorda nemmeno quando ha visto per la prima volta questa famosa opera d'arte. Deve esser stato molto tempo fa, forse una riproduzione in bianco e nero. A differenza dei Panini, questo ritratto di un piccolo aristocratico di quattro anni grazioso e pensieroso (tristezza e malinconia sono percepibili agli angoli della bocca) ha un'aura magica, una forza sorprendente e un qualcosa di singolare che il signor PA raramente ha osservato in altri dipinti. Quando il signor PA va al museo, non perde mai occasione di dare un'occhiata a questo ritratto – anche solo per poco – e puntualmente, ritrovandosi faccia a faccia con Manuel Osorio, si domanda se a dargli gioia e felicità siano la magia e la singolarità del quadro o la tenerezza e l'affetto che egli prova per il bambino vestito di rosso. Pervaso da questi sentimenti, ogni volta che alza lo sguardo su questo magnifico ritratto, il signor PA viene sopraffatto dalla forza travolgente del colore rosso.
L’elegante abito del piccolo Don Manuel Osorio è di un rosso strepitoso! Avvezzo ad ascoltare le conversazioni dei visitatori e appassionato lettore sull’argomento, il signor PA sa che chiunque apprezzi questo dipinto indimenticabile (e sono in tanti) tende a ricordarlo innanzitutto per quel rosso. Il signor PA è talmente affascinato dal rosso da aver scritto un intero libro su di esso, un romanzo incentrato pagina dopo pagina sull’uso potente di questo colore in varie opere d’arte iraniane e ottomane e, addirittura, su cosa si provi ad essere il colore rosso – intere pagine sono scritte in prima persona, dal punto di vista di questo colore. Il signor PA sa che le emozioni suscitate dal colore diventano un tutt’uno nella mente del visitatore con le sensazioni enigmatiche e drammatiche destate dalla logica interna al dipinto e dall’interazione tra le varie figure rappresentate. Sì, questo è quel che si dice usare bene il colore! Eppure chi sostiene che sia proprio questo uso del colore rosso a rendere il dipinto così indimenticabile ha ragione solo in parte. Non tutti i quadri dominati dal rosso sono capaci di imprimersi in modo indelebile nella nostra mente. Anzi, al contrario, il signor PA trova mediocri i pittori che abusano del rosso per rendere più sgargianti le loro opere.

Se è fondamentale notare che in questo dipinto il colore rosso raggiunge pienamente l’obiettivo che si propone, è altrettanto importante sottolineare che chi ha vestito il piccolo Manuel Osorio prima che posasse per Goya – la madre, forse? – ha scelto un abbigliamento molto appropriato. Del resto, è proprio grazie al suo abito che il bambino è diventato immortale, se così si può dire. Ma quando il signor PA cerca di immaginare il giorno in cui il piccolo Don Manuel ha posato per Goya (che all'epoca aveva 40 anni), si rattrista puntualmente perché sa che l'adorabile Don Manuel è morto appena quattro anni dopo che questo dipinto è stato ultimato. Ecco perché prova tanto affetto per il bambino, ogni volta che si accosta al dipinto. Osservare il ritratto di un re o di un generale deceduto non è lo stesso che guardare il ritratto di un bambino morto all'età di otto anni (1784-1792). Un dipinto di questo tipo porta con sé il dolore per una vita mai vissuta. I ritratti di re o generali, invece, di solito raffigurano un momento trionfale, glorioso, un'immagine autorevole. Quando osserva i dipinti che i grandi del passato hanno commissionato per dimostrare quanto fossero importanti, il signor PA non si addolora per la loro dipartita.
Ma, ogni volta che ricorda che il piccolo Don Manuel Osorio è morto bambino, si sente in colpa per essere ancora vivo a settant'anni mentre vaga per le sale del museo intento a cercare di dare un senso alla sua vita. Nei suoi primi incantevoli incontri con il bambino, i gatti e la gazza ladra, il signor PA lasciava il museo pieno di curiosità e di vita (piuttosto che di malinconia). Ma, dopo aver scoperto la sorte del bimbo ritratto, molte delle emozioni che il dipinto aveva suscitato in lui in un primo momento si sono presto trasformate. Sicuramente questo prova che l'impressione che un dipinto lascia in ognuno di noi può cambiare a mano a mano che apprendiamo informazioni su di esso e su come è stato realizzato. Ecco perché il signor PA è fermamente convinto che i testi descrittivi e i cartellini che si trovano solitamente accanto o sotto ogni opera esposta nei musei debbano essere il più possibile lunghi e dettagliati. Il signor PA è solito leggere diligentemente le targhette prima di guardare il dipinto che descrivono per poi tornare a fare una rilettura dopo averne studiato il soggetto.
Spesso le fotografa addirittura (anche i dipinti – ammesso, ovviamente, che sia consentito scattare foto) con la sua macchina digitale, in modo da poterle rileggere una volta tornato a casa. Le successive riletture servono anche a fissare meglio i dipinti nella sua mente. Come disse Orazio, le parole e le immagini servono allo stesso scopo. Eppure, ad alcuni individui sconsiderati piace ancora sostenere che questi testi descrittivi che troviamo appesi alle pareti dei musei non siano necessari. Questi signori sono convinti che i quadri parlino da soli. “A che servono le parole? È sufficiente guardare il dipinto e sentirne la bellezza!” affermano. Purtroppo quello di cui queste persone non sembrano rendersi conto è che il significato (non la bellezza) di un dipinto nasce proprio dalla sua storia. Come sottolinea spesso il signor PA nelle sue lezioni, non può esistere un dipinto senza una storia e un testo (con la sola eccezione, ricorda di tanto in tanto di aggiungere, della pittura paesaggistica). Il signor PA è solito assegnare i voti più alti a quelli tra i suoi studenti che approfondiscono la conoscenza di un dipinto e associano le informazioni che reperiscono alle sensazioni che il dipinto suscita in loro.

Mentre trascorre sei o sette minuti in piedi davanti al ritratto di Goya (spostando di tanto in tanto il peso del corpo da una gamba all'altra, raddrizzando la postura per evitare il mal di schiena e chiedendosi perché non vi mettano davanti una panca o una sedia), il signor PA si ritrova a pensare, proprio come i suoi migliori studenti, a tutte le cose che ha imparato durante le lunghe ricerche su questa tela. Oltre a Manuel Osorio con l'abito rosso e la fascia argentata, Goya ha dipinto il padre del bambino, Vicente Joaquín. Ha ritratto anche la madre dai capelli scuri con in grembo la sorella, e il fratello nato nel 1777, maggiore di sette anni. Dipingendo il fratello di Don Manuel, Goya ha cercato di evidenziarne la somiglianza con il padre dal fisico minuto, quasi nano. L’abbigliamento del decenne Vicente Osorio, la postura, i capelli, il portamento, il modo in cui tiene la mano nel panciotto, tutto rimanda al ritratto del padre del bambino. In altre parole, Goya ha scelto di ritrarre il fratello maggiore di Manuel come il padre, il potente conte Vicente Joaquin Osorio, una sorta di adulto in miniatura. Del resto il primogenito incarna quei titoli aristocratici, quel senso di continuità e di dovere sociale che anche suo padre rappresentava.
Il comportamento del contino, sorprendente come quello del padre, conferisce al ritratto un’aria così seria che Goya alla fine ha inserito una nota più fanciullesca aggiungendo un simpatico cagnolino bianco al ritratto già finito. Con le zampe anteriori appoggiate sulla gamba del suo padrone, questa adorabile bestiola è l’unico elemento spensierato del dipinto. Un giorno, mentre il signor PA osservava una riproduzione di questo ritratto in un volume, si è reso conto che l’aspetto amabile del cane deve essere stato dettato da una scelta consapevole, dato che per la maggior parte gli animali domestici nei dipinti di Goya sono piuttosto sgradevoli.
Il signor PA trova che ci sia qualcosa di strano, forse persino di “profetico”, nel modo in cui i ritratti di Goya di questi membri della stessa famiglia siano sparsi in giro per il mondo. Il ritratto del patriarca di Altamira, ad esempio, si trova a Madrid, nella Banca di Spagna, di cui fu direttore. Il ritratto della contessa di Altamira con in grembo la figlia è esposto al Metropolitan Museum di New York, così come il ritratto del figlio minore Manuel Osorio in abito rosso, davanti al quale ora si trova il signor PA. Ma il dipinto della madre con la figlia fa parte della Collezione Robert Lehman ed è esposto in un’altra galleria del museo, a un altro piano. La fronte del signor PA si aggrotta ogni volta che pensa a come i capricci dei benefattori del museo possano aver finito per separare, dopo duecentocinquanta anni, una madre e un figlio. Tuttavia riconosce anche che la vera ragione della loro separazione risiede nella straordinaria forza del ritratto di Manuel Osorio in abito rosso.

E questa forza sta proprio nella decisione di Goya di rappresentare quell’amabile creatura non come un conte adulto in miniatura ma come un bambino vero e proprio. Nel dipingere quello che forse è il suo ritratto più famoso, Goya ha cercato di enfatizzare la natura fanciullesca di Don Manuel, scegliendo di immortalarlo in compagnia della sua amica, la gazza ladra, che è chiaramente una sua fedele compagna di giochi. Ascoltando le conversazioni degli altri visitatori, il signor PA sa che, dopo il rosso del vestito del bambino, è proprio la gazza ladra l’altro elemento del dipinto che catalizza l’interesse. Al signor PA piace origliare le conversazioni delle persone mentre guardano i quadri al museo. E gli piace farlo anche quando prova un certo disagio perché sono terribilmente male informati, o più interessati alle loro banali preoccupazioni che all’opera che stanno osservando. Non avendo una cultura in fatto di giocattoli per bambini e animali domestici nell’ambiente dell’aristocrazia spagnola del XVIII secolo, il signor PA sospetta che anche i suoi pensieri e le sue percezioni su cosa possa provare un bambino così piccolo nel tenere una gazza ladra al guinzaglio, come se fosse un cane, siano molto probabilmente imprecisi, ma accetta questa situazione “senza farsi domande” (sospensione dell’incredulità), proprio come devono fare i lettori della letteratura “fantastica” affinché il genere funzioni.
Tuttavia, l’elemento più assurdo per il signor PA è che i tre gatti nel dipinto (gli osservatori meno attenti spesso non notano il gatto nero sul fondo e pensano – e talvolta persino scrivono – che ce ne siano solo due) se ne stiano immobili pur con la gazza ladra a un palmo dal naso. Non c’è gatto che non attaccherebbe un uccello così vicino. Goya deve aver immortalato proprio l’istante che ha preceduto l’aggressione. La quiete che precede la tempesta, il momento tanto atteso da tutti! La scelta di quell’istante ben preciso conferisce al dipinto la sensazione che il tempo si sia fermato. L’uso delle ombre e gli occhi gialli dei gatti acuiscono la tensione.
Un altro dettaglio che rende questo ritratto così indimenticabile è che, come in molte altre opere di Goya, c’è qualcosa di inquietante e demoniaco negli animali domestici raffigurati. I gatti non hanno l’aria amichevole, né sono particolarmente graziosi. Il signor PA stima Goya per averli ritratti non come amabili creature da prendere in grembo e accarezzare ma come esseri minacciosi e malevoli pronti a balzare sulla gazza ladra. Questo è un altro dei motivi per cui il signor PA (come molti altri) è così attratto da questo dipinto: apprezza il fatto che Goya non si sia sforzato di far apparire i gatti più accattivanti di quanto non fossero, né di gettare sull’aristocratica committenza una luce indebitamente lusinghiera.

Da bambino il signor PA aveva un gatto che amava moltissimo. Ma, quando alla fine il gatto – proprio come il bambino con l’abito rosso – è morto, il signor PA ne è rimasto orfano e, da allora, il tema dei gatti è una questione particolarmente importante e personale. Il signor PA crede che i gatti soffochino i loro istinti aggressivi – come in questo dipinto – solo se vengono spaventati fino alla sottomissione. Ogni volta che molestava il suo amato gatto per impedirgli di fare qualcosa di proibito, il micio si nascondeva sotto una sedia per la paura, rannicchiandosi a palla e aspettando il suo momento, proprio come i due felini in primo piano nel dipinto di Goya. Quindi, ogni volta che il signor PA torna a casa e ripensa a questo dipinto, immagina sempre i tre gatti rannicchiati a palla sotto una sedia, lo sguardo puntato sulla gazza ladra. E questo dimostra ancora una volta che, a dispetto del tempo che si può passare a esaminare le opere d’arte esposte in un museo, il ricordo sarà sempre impreciso e distorto.
L’espressione demoniaca negli occhi dei tre felini, che conferisce al dipinto la sua aura particolare, è dovuta sia al fatto che fissano la gazza ladra sia al loro colore giallo. Il signor PA ha il sospetto che, una volta che avranno aggredito la gazza ladra, i gatti balzeranno sulla gabbia sistemata sul lato opposto aggredendo i fringuelli al suo interno. Eppure il bambino dall’abito rosso sembra ignaro di queste imminenti catastrofi, così come non sa di essere destinato a morire solo pochi anni dopo aver posato per questo ritratto. Al pensiero il signor PA si commuove. Qualcosa nel bambino gli ricorda un nobile ignaro delle sanguinose ribellioni, delle guerre, delle rivoluzioni che lo attendono all’orizzonte. Il signor PA apprezza l’innocenza e l’indifferenza del bambino in abito rosso.
Alcuni storici dell’arte affermano che questo ritratto è stato commissionato a Goya dopo la morte del giovane Manuel Osorio, il che significa che avrebbe dovuto dipingerlo a memoria e usando l’immaginazione, piuttosto che guardando il bambino dal vivo. Il signor PA non condivide questa teoria. Non ci crede.
Il pensiero che Goya guardasse il piccolo Manuel mentre dipingeva il suo ritratto fa sì che il signor PA immagini che il bambino ora lo stia guardando, o che forse si siano incontrati nelle sale di qualche palazzo spagnolo.
Ma l’aspetto più affascinante e interessante di questo ritratto è che il bambino con l’abito rosso, in effetti, non guarda Goya, né il signor PA, che adesso sta osservando il bambino dalla prospettiva del pittore. In effetti, tutti guardano altrove in questo singolare dipinto. I fringuelli nella loro gabbia sono rivolti in direzioni diverse (a cosa sono interessati?), i gatti guardano la gazza ladra e il bambino con l’abito rosso è intento a osservare qualcosa al di fuori dell’inquadratura. Il quadro si trasforma così in un’entità più grande, che ci rammenta spazi e luoghi oltre i suoi confini. Il signor PA è sicuro che Goya, che ammira così tanto, deve averlo fatto apposta. Perché anche la gazza ladra raffigurata nel dipinto guarda il biglietto che tiene nel becco: è un biglietto da visita che porta la firma di Goya. Il signor PA prova una rinnovata ammirazione per il pittore e una sorta di rimpianto per non esser stato capace di dipingere lui stesso quel ritratto. Al termine, anche lui avrebbe voluto aggiungere una nota di suo pugno sotto al dipinto per indicare l’autore dell’opera.
Rendendosi conto di aver già dedicato troppo tempo a questo ritratto e di esser stanco di stare fermo in piedi, il signor PA legge il testo in fondo alla tela e se ne va.
EL Sr. Dn. MANVEL OSORIO MANRRIQVE DE ZVÑIGA Sr.DE GINES NACIO EN AB. A 11 DE 1784.
Orhan Pamuk
traduzione di Barbara La Rosa
Tutte le tele sono di Francisco de Goya y Lucientes (1746-1828).