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Odissea Congolese

Vedi Roma e poi muori
Caterina Napoleone
Fotografie di Araldo De Luca

VEDI ROMA E POI MUORI

Caterina Napoleone

I viaggi dall’Africa sub sahariana in Italia sono, nella maggior parte dei casi, difficili e dolorosi; la sorte che, all’inizio del XVII secolo, toccò a António Manuel Ne Vunda, inviato presso la Santa Sede dal re del Congo Álvaro II, sembra anticipare le odissee dei migranti di oggi. La nave su cui viaggiava incontrò tempeste e pirati e, invece che approdare a Lisbona, percorse la rotta degli schiavi, sino in Brasile. Si dice che responsabile di quella travagliata navigazione fosse Filippo III, re di Spagna e Portogallo; lo infastidiva che un nero si presentasse al Papa in veste di gentiluomo cristiano e di ambasciatore. Per quattro anni Emanuel aveva sognato Roma; quando la raggiunse, nei primi giorni del 1608, era moribondo. Gli onori e la visita del Papa al suo capezzale gli avranno fatto credere che non si trattava di Roma, ma del Paradiso; morì il giorno dell’Epifania e i Romani lo chiamarono il Negrita. Con marmi rari e policromi, come policroma è l’umanità, un artista poco conosciuto, Francesco Caporale, scolpì il ritratto-capolavoro che ancora oggi permette all’Ambasciatore del Congo, affacciato a una nicchia, di prolungare il soggiorno romano, ospite della chiesa di Santa Maria Maggiore.