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Teatrini siciliani

E tutti restarono di stucco
Giorgio Villani
Fotografie di Massimo Listri

E TUTTI RESTARONO DI STUCCO

Giorgio Villani

Nel primo capitolo del romanzo Retablo di Vincenzo Consolo, Isidoro, un siciliano che ha abbandonato il saio di frate questuante per amore di una Rosalia, varca – come il lettore di queste pagine – la soglia dell’Oratorio di San Lorenzo a Palermo. “Entrai: mi parve d’entrare in paradiso. Torno alle pareti, in cielo, sull’altare, eran stucchi finemente modellati, fasce, riquadri, statue, cornici, d’un color bianchissimo di latte, e qua e là incastri d’oro zecchino stralucente, festoni, cartigli, fiori e fogliame, cornucopie, fiamme, conchiglie, croci, raggiere, pennacchi, nappe, cordoncini ... Eran nicchie con scene della vita dei santi Lorenzo e Francesco, e angioli gioiosi, infanti ignudi e tondi, che caracollavan su per nuvole, cortine a cascate, a volute, a torciglioni.” All’interno dell’Oratorio un signore sorride bonario; indossa una “gran parrucca bianca, giamberga, trine, bastone, spadino, cascata di catene e mostre d’oro sopra il panciotto”. Così Consolo accampa, sul fondale candido delle sue opere, “l’eccellentissimo Giacomo Serpotta”, facitore di meraviglie.