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Il Vangelo secondo Gaudenzio

Vittorio Sgarbi
Fotografie di Ghigo Roli

IL VANGELO SECONDO GAUDENZIO

Vittorio Sgarbi

“Quale splendore d’arte si irradia da questa umile chiesa!”; così esclamò un Sapiente – Jacob Burckhardt – quando, in viaggio lungo il greto pietroso del Sesia, mise piede in una cappella alle porte di Varallo e si trovò davanti a un abbagliante tramezzo dipinto, dove un enfant du pays, nel primo Cinquecento, aveva raccontato la vita di Cristo, dall’Annunciazione alla Resurrezione. Si chiamava Gaudenzio Ferrari. Ancora ragazzo, era andato a Roma e aveva visto i fulgori del Rinascimento, ma solo dopo il ritorno in Valle la sua arte era fiorita. Lavorò per paesani dalle guance arrossate dal freddo con lo stesso impegno con cui si faceva arte per i Papi, ma con emozioni più profonde, vere e condivise. Prima di immergersi nella vasta impresa del Sacro Monte aveva fornito super parietem la prova irrefutabile di quello che aveva imparato, della propria grandezza.